domenica 19 febbraio 2012

Initia

Questo spazio andrà avanti in due direzioni: da una parte l'Attualità, ovvero il racconto di queste giornate. A differenza di ciò che voi stupidi umani pensate, noi felini incarniamo l'infinito ANCHE quando poltriamo sul divano. Quindi si, c'è molto da raccontare.

Dall'altra, sarà anche necessario raccontare la Storia, ovvero il passato del sottoscritto, della squinternata, del bipede.

Postilla pubblicitaria progresso: l'aggettivazione "stupidi umani" con cui vi definisco, è mutuata da Due cuori e una Gatta, bellissimo fumetto online di Kaneda che leggio sempre col mio bipede e che consiglio vivamente a tutti gli amanti dei felini.

Dicevo, la Storia. Il sottoscritto va per i 6 anni felini, il bipede per i 31. Se ne deduce che fui "addotto" al bipede poco dopo il suo primo quarto di secolo. Leggenda vuole che il bipede, in un momento catastrofico della propria vita, subissato da sconfitte di ogni genere e per giunta lasciato dalla donna di quel periodo (V., ne parleremo...), sognò il proprio precedente famiglio, Ch., una bellissima pastore tedesco, seppellire un gatto che non moriva mai e sempre risaltava fuori: fino a che la stessa Ch. non decise di accogliere tra i suoi peli il felino di cui sopra. Pochi giorni dopo, un'amica veterinaria del bipede gli chiese se avesse modo di adottare un gatto. Quel gatto ero io. Insomma, arrivai per il compleanno del mio umano personale, a consolarlo del fallimento di una storia con una donna, V., che fu tra le prime a mostrargli il rapporto coi gatti (ai tempi ne aveva due: Gandalf, ancora con lei, e una sacra di birmania, purtroppo andata). Vero anche è che il sottoscritto viene da mamma sacra di birmania e papà persiano: questo spiega la doppia aristocraticità che mi contraddistingue nonché l'assenza del tipico muso a ferro da stiro dei persiani dalla mia mascherina facciale.

Curiosamente, C. stessa arrivò per due motivi similari: da una parte il primo di molti fallimenti della medesima storia lunga due anni e mezzo (o forse, quattro...) con M., dall'altra la necessità, dati gli orari disumani del lavoro del bipede, di non lasciare il sottoscritto sempre solo.

Se pensate che i gatti siano animali particolarmente adatti a persone velatamente melanconiche e solitarie, vi dirò che questo è in parte vero ma il collegamento è indiretto. Nel senso che un carattere indipendente di un felino lo rende non sociale. Nel senso che necessariamente non tutti sono disposti a socializzare con un animale che non ha bisogni. Allo stesso modo poche persone sono disposte a socializzare con umani che non hanno un bisogno impellente di socializzare. Vero è comunque che noi felini siamo indipendenti in maniera assoluta. Voi umani, il mio incluso, rimanete animali sociali. Avrete sempre bisogno di socializzare. Non "bisogno" nel senso di debolezza. "Bisogno di socializzare" nel senso di situazione in cui viene fuori il meglio del potenziale umano.

Ricordo che quando arrivai, piccola palla di pelo già rotolante, il bipede passava buona parte del suo tempo da solo. Ai tempi viveva con la sua famiglia in una camera tutta di legno piena di libri. Anche ora vive in una camera tutta di legno piena di libri. Solo che in quella di adesso c'è anche il bagno, la cucina, il salotto, il giardino, ed è più piccola di quella di allora. Ad ogni modo, da 6 anni a questa parte credo che la venatura melanconica solo poche volte abbia abbandonato il bipede.

Un umano, tale D'Annunzio, citò: "Io ho quel che ho donato". Non so quanto sia vero per voi umani. So che questa storia sarà lunga da raccontare, soprattutto per spiegare perché il gatto è solitario e perché l'uomo è solitario. So che non è mai semplice trattare la melanconia.

Ma so anche che la Vita risplende sempre e comunque. Solo che ora devo andare a dormire sul bipede.

Statemi bene, stupidi umani.


Nessun commento:

Posta un commento